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Principio di funzionamento del rivelatore
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Il ruolo dei dispositivi chiamati "camere a bolle" è stato di grande importanza nella fisica delle particelle elementari per la loro caratteristica di fornire immagini tridimensionali degli eventi ionizzanti (reazioni o decadimenti) che si verificano all'interno del loro volume sensibile. Le camere a bolle possono rivestire infatti contemporaneamente il ruolo di bersaglio e di rivelatore grazie all'alta densità del liquido che le riempie. Tuttavia il processo, interamente meccanico e quindi relativamente lento, di espansione della camera e successivamente di trasferimento dell'immagine dell'evento su film fotografico ne limita la velocità di impiego; inoltre, l'espansione non risulta "agganciabile" all'istante in cui avviene il processo stesso (si dice pertanto che il dispositivo non è "triggerabile"). Un generico rivelatore di tipo elettronico, in cui l'evento produce segnali elettrici che estratti, amplificati, digitalizzati, registrati e infine decodificati forniscono indicazioni sull'evento stesso, può invece essere "triggerato" e letto on-line. Questo è il motivo per cui dispositivi elettronici via via più complessi, articolati e di più grandi dimensioni hanno progressivamente sostituito le camere a bolle quali rivelatori più diffusi nella fisica delle particelle elementari. Tuttavia anche questi tipi di rivelatori hanno evidenti limiti: ad esempio le camere proporzionali, le camere a drift o quelle a proiezione temporale, a causa della bassa densità dei gas che utilizzano come mezzo ionizzante, non possono essere nello stesso tempo bersaglio e rivelatore. Tale necessaria separazione dei ruoli rappresenta un problema per quegli esperimenti mirati alla rivelazione di eventi rari, come il decadimento del protone e le interazioni dei neutrini, per i quali il rivelatore ideale è quello che fornisce il maggior dettaglio di informarzioni (risoluzione spaziale, identificazione delle particelle, immagine 3-D dell'evento) proprio delle camere a bolle e contemporaneamente la possibilità di una lettura elettronica. Il progetto del rivelatore ICARUS mira esattamente alla realizzazione di un innovativo dispositivo di questo genere (Camere a Bolle Elettronica.) L'idea originale per la realizzazione di una camera ad argon liquido a proiezione temporale (Liquid Argon-TPC) è stato proposta da C. Rubbia nel 1977 [1]. L'impiego dell'Argon liquido costituisce un mezzo ideale per la rivelazione di eventi ionizzanti, inoltre il rivelatore è sempre attivo e "self-triggering" (ossia in grado di comandare la registrazione dell'evento nel momento stesso in cui avviene al suo interno) e capace di produrre immagini tridimensionali come le camere a bolle.
La collaborazione ICARUS ha successivamente proposto [2] nel 1985 la realizzazione di una TPC di grandissime dimensioni (ordine delle kilo-tonnellate) di argon liquido da situare nei Laboratori Sotterranei del Gran Sasso. La disponibilità di una grande massa- bersaglio è infatti un requisito indispensabile per la ricerca di eventi rari, come la ricerca di decadimenti del protone, l'osservazione dei neutrini solari e la rivelazione di possibili oscillazioni dei neutrini atmosferici.
Il principio di funzionamento del rivelatore proposto è relativamente semplice: l'intero volume di argon liquido è immerso in un campo elettrico intenso ed uniforme, stabilito da due piani di elettrodi affacciati a potenziale opportuno, e rappresenta così il materiale dielettrico di un grande condensatore piano.

FIG.1: Schema di funzionamento della TPC. La deriva degli elettroni avviene lungo l'asse verticale (z), I fili del piano di induzione sono disposti lungo l'asse y (perpendicolare al piano della figura) e quelli di collezione lungo l'asse orizzontale (x). Sono anche riportate le linee del campo elettrico in prossimità delle camere a fili.

 

FIG2: Tracce di ionizzazione di un evento indotto dall'interazione di un raggio cosmico su nucleo di argon nell'interno del prototipo da 3 ton in funzione al CERN. Si possono distingure una coppia (e+,e-) in alto a sinistra, un muone che si arresta e decade in elettrone al centro ed uno sciame elettromagnetico a destra. La direzione di deriva è lungo l'asse orizzontale dell'immagine mentre l'asse verticale corrisponde ai fili di collezione.

Ogni evento ionizzante (ossia l'insieme delle particelle cariche che, prodotte a seguito di una interazione o di un decadimento, si propagano nel mezzo circostante costituito dall'argon liquido) produrrà delle tracce formate dall'insieme delle coppie elettrone-ione prodotte per ionizzazione. Una frazione di queste coppie, a causa dell'intensità del campo elettrico presente, non si ricombinerà, bensì tenderà a separarsi muovendosi nella direzione del campo elettrico, in versi opposti. Il moto delle cariche elettriche così prodotte induce una corrente sugli elettrodi che stabiliscono il campo elettrico nel volume di argon liquido. L'intensità di questa corrente è proporzionale sia al campo elettrico presente, sia alla velocità stessa delle cariche; dato che gli elettroni risultano avere una velocità di deriva in argon (~1.1 mm/msec, in condizioni standard di campo elettrico, E=500 V/cm) di cinque ordini di grandezza maggiore di quella degli ioni, solo gli elettroni daranno un contributo apprezzabile alla corrente indotta. La registrazione del segnale elettrico indotto permette quindi di ricavare informazioni sull'evento fisico che ha avuto luogo nel volume di argon. Il dettaglio e la precisione di queste informazioni dipende tuttavia in modo cruciale dalla geometria degli elettrodi che generano il campo. Questi pertanto non saranno semplici piani di conduttore bensì saranno costituiti da delicate strutture composte (le camere a proiezione temporale, TPC) che rappresentano quindi il vero fulcro dell'apparato ICARUS.
Prima di procedere alla descrizione delle TPC occorre menzionare un importante requisito cui deve soddisfare l'argon liquido per poter essere utilizzato in tale rivelatore. Tale requisito è l'estrema purezza chimica, ossia la garanzia che in esso non si trovino tracce di altri elementi, quali ossigeno o idrocarburi o generiche molecole elettronegative, se non in quantità assolutamente ridotte (< 1 ppb, parte per miliardo, di O2 equivalente). Tale purezza è necessaria al fine di assicurare che gli elettroni prodotti dalle tracce ionizzanti non vengano catturati dalle molecole elettronegative disciolte nell'argon liquido durante il percorso che li separa dal punto di produzione per ionizzazione all'elettrodo su cui vengono infine raccolti. L'argon di produzione industriale non è così puro ed uno dei maggiori ostacoli alla realizzazione del rivelatore ICARUS è stato proprio quello di di progettare e costruirere un sistema di purificazione adeguato a garantire il livello di purezza necessario sui grandi volumi previsti dall'apparato sperimentale . Il gruppo ICARUS ha sviluppato una tecnica semplice ma estremamente efficiente per produrre argon liquido ultra-puro, consentendo agli elettroni liberi di potersi muovere su distanze dell'ordine di diversi metri senza apprezzabili riduzioni per cattura da impurezze.
Veniamo ora alla descrizione delle camere di lettura del segnale. Per stabilire il campo elettrico occorrono come detto due piani di elettrodi; uno di questi, il catodo, è rappresentato semplicemente da un conduttore metallico piano di dimensioni e potenziale opportuno, l'anodo invece è costituito da un piano di fili conduttori paralleli sui quali gli elettroni prodotti vengono raccolti dopo un certo tempo dal momento in cui è avvenuto l'evento, tempo calcolabile una volta nota la velocita di deriva in argon. L'uniformità del campo elettrico è ottenuta grazie ad un apposito sistema di guide di campo. Il potenziale dei fili nel rivelatore proposto non consente amplificazione a valanga degli elettroni vicino ai fili: questo comporta sia dei vantaggi che degli svantaggi. Gli svantaggi sono che la carica che deve essere rivelata è piccola (una particella al minimo di ionizzazione produce circa 8000 elettroni per millimetro); questo richiede l'impiego di amplificatori a bassissimo rumore per la lettura dei segnali in uscita dai fili. Ciò non rappresenta più un problema in quanto negli ultimi anni sono stati realizzati (anche a livello industriale) amplificatori a FET (Field Effect Transistor) a basso rumore, adatti per rivelare i piccoli segnali propri di questo rivelatore. Il vantaggio consiste invece nel fatto che gli stessi elettroni che derivano possono essere utilizzati più volte per produrre segnali di induzione su differenti piani di lettura, trasparenti al passaggio degli elettroni di deriva, disposti prima del piano di fili anodico (o di collezione). Questo permette di effettuare una lettura multi-dimensionale, come originariamente proposto da E. Gatti et al. [3]. Riassumendo, la lettura dei segnali avviene mediante un dispositivo composto da (almeno) due piani di fili paralleli, disposti ortogonalmente sui due piani e collocati ad un estremo del volume sensibile; la ricostruzione tri-dimensionale dell'evento consiste quindi nella decodifica dei segnali registrati dai fili in coordinate spaziali dei punti appartenenti alle tracce di ionizzazione prodotte nell'evento stesso. Per meglio visualizzare il principio di funzionamento descritto, si consideri un pacchetto di elettroni prodotti per ionizzazione e disposti lungo un segmento di traccia, vedi Fig. 1. Per ciascun punto del segmento sia z la coordinata lungo il campo elettrico, e x ed y quelle identificate dai piani ortogonali di lettura della camera. Gli elettroni, che si mantengono disposti lungo il segmento di traccia, per azione del campo elettrico raggiungono quindi i due piani di fili: il primo piano di fili ha la funzione di misurare la coordinata y mediante segnali di induzione (il segno del potenziale cui è mantenuto questo piano di fili è uguale a quello degli elettroni); il secondo piano di fili (che rappresenta il piano anodico) a pochi millimetri dal primo piano, misura della coordinata x mediante collezione degli elettroni. Le intensità del campo elettrico nel volume sensibile e tra i piani di fili devono essere regolate in modo opportuno, in modo che il primo piano sia trasparente al passaggio degli elettroni, che sono raccolti solo sull'ultimo piano di fili. Il valore della rimanente coordinata zè ricavato da una misura del tempo di deriva impiegato a raggiungere i piani di fili, purchè siano noti l'istante iniziale t=0 (segnale di trigger, T0) e la velocità di deriva.
La velocità di deriva in Argon liquido è nota, essa dipende dal Campo Elettrico presente nel volume del liquido, mentre il T0è determinato dalla registrazione del "flash" luminoso che segue il processo di ionizzazione. A tal fine il metodo di rivelazione adottato consiste nel disporre una matrice di "fotomoltiplicatori" appositamente realizzati e immersi direttamente in Argon liquido.
Qesta serie di procedimenti permette di ricostruire in modo completo (3-D) le coordinate delle tracce prodotte dall'evento, Fig.2. La risoluzione spaziale nella determinazione della posizione dei vertici di interazione o di decadimento, e delle direzioni delle tracce risulta estremamente buona; essa è determinata dalle dimensioni del pixel tridimensionale, che è individuato dalla distanze tra filo e filo e tra i piani stessi ed è dell'ordine di qualche millimetro. Un'altra caratteristica fondamentale del rivelatore consiste nella possibilità di integrare la carica ionizzata lungo la traccia, sommando i segnali registrati in collezione. Dato che la carica ionizzata è proporzionale all'energia depositata, l'integrale della carica fornisce una precisa informazione calorimetrica sull'energia della particella che l'ha prodotta; in questo senso il rivelatore ICARUS costituisce anche un calorimetro omogeneo ad alta risoluzione. Infine, l'identificazione delle particella può essere effettuata con elevata precisione misurando la carica depositata per ionizzazione per unità di lunghezza e il range delle particelle che si arrestano nel volume sensibile. Gli studi per la messa a punto della tecnica descritta sono stati effettuati prima al CERN utilizzando vari prototipi di TPC ad argon liquido [4] e successivamente a Pavia ed al Laboratorio del Gran Sasso.
In particolare una TPC immersa in un volume sensibile di argon liquido di 2000 litri, pari a 3 ton di massa ("3T prototype"), è stata in funzione ininterrottamente al CERN dal 1991 al 1995. L'impiego di questo prototipo è risultato fondamentale per la determinazione di tutti i parametri necessari per definire il progetto definitivo del rivelatore ICARUS per i Laboratori del Gran Sasso. Nel corso dei test con tale prototipo sono stati studiati la disposizione dei potenziali per l'ottimizzazione del campo elettrico nel volume di argon, il sistema di purificazione dell'argon, i dispositivi criogenici per il mantenimento operativo del rivelatore, il rumore della catena elettronica di amplificazione dei segnali e l'estrazione, decodifica e ricostruzione dati mediante opportuni programmi sviluppati su calcolatori dedicati. I parametri fisici del rivelatore sono stati misurati mediante l'analisi di eventi registrati in seguito a interazioni di raggi cosmici o da sorgenti radioattive avvenute all'interno del prototipo; tra questi la velocità di deriva degli elettroni in argon, la quantità di carica prodotta per ionizzazione per unità di energia depositata in argon, il coefficiente di diffusione degli elettroni, la risoluzione spaziale, la risoluzione nella determinazione dell'energia e l'efficienza di identificazione delle particelle. In Fig.2 è riportato un tipico evento da interazione di raggi cosmici registrato e ricostruito in tale prototipo. Infine, è importante osservare che la durata stessa del test del prototipo, mantenuto attivo per più di quattro anni, ha dimostrato l'estrema affidabilità della tecnologia impiegata su tempi lunghi quali quelli previsti per il corso dell'esperimento (10 anni).
Un secondo fondamentale passo in avanti è stato raggiunto con la realizzazione di un "prototipo industriale" contenente cira 14t di Argon liquido ("10m^3 prototype"), in cui sono state implementate tutte le soluzioni tecniche allora previste per il modulo finale da 600 t,
incluso un innovativo sistema di ricircolo e purificazione dell'Argon in fase liquida. Tale dispositivo si è rivelato determinante per garantire il raggiungimento in tempi contenuti ed il successivo mantenimento della purezza a livelli compatibili con le necessità dell'esperimento. Il 10m3è stato realizzato e testato con successo a Pavia (1998-99) e successivamente è stato trasportato e rimontato presso i laboratori esterni del Gran Sasso per un test finale di funzionamento che ha condotto all'acquisizione di un ampio campione di eventi raffiguranti, al termine della ricostruzione off-line dei segnali registrati, immagini 3D di raggi cosmici penetranti il volume sensibile del rivelatore (gennaio-maggio 2000).


[1] C. Rubbia, CERN-EP/77-08 (1977).
[2] ICARUS Collaboration,"ICARUS: a Proposal for the Gran Sasso Laboratory",
INFN-AE/85-07 (1985).
[3] E. Gatti et al., IEEE Trans. Nucl.Sci. NS-28 (1970), p. 454.
[4] ICARUS Collaboration, NIM A332 (1993), p. 395.
ICARUS Collaboration, NIM A333 (1993), p. 567.
ICARUS Collaboration, NIM A345 (1994), p. 230.

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